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LOCKE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 giugno 2014
 
di Steven Knight, con Tom Hardy, Ruth Wilson, Olivia Colman, Andrew Scott (Gran Bretagna, 2013)
 
Da quanto tempo si va ripetendo l'evidenza, che ciò che conta (e non solo al cinema) sta nel "come" si racconta qualcosa; e non sempre nel "cosa". LOCKE ne è un ennesimo, magnifico esempio.

Perché una storia come quella illustrata dall'inglese Steven Knight (al suo secondo lungometraggio da regista, ma non a caso sceneggiatore di un capolavoro come LA PROMESSA DELL'ASSASSINO di David Cronenberg) l'abbiamo perlomeno intuita qualche volta. Ivan Locke, lo vediamo mentre sale in macchina a Birmingham diretto a Londra. E' sera, ha terminato un lavoro che comprendiamo essere importante. In effetti, costruisce fondamenta per grattacieli; e, proprio durante la notte che sta per iniziare, deve aver luogo sotto il suo assoluto controllo la più colossale colata di calcestruzzo che l'edilizia britannica ricordi. Com'è, allora, che Locke sta per rinchiudersi nella sua BMW; all'interno di un abitacolo che né lui, né l'occhio del regista abbandoneranno per gli 85 minuti seguenti della pellicola?

Ivan Locke è una brava persona, un marito e padre di famiglia inappuntabile, un lavoratore praticamente insostituibile nelle proprie mansioni di altissima responsabilità. Un'unica volta, ha commesso un errore, una colpa alla quale deve assolutamente porre rimedio, per non trascinarsela appresso nel corso di una vita intera; anche a costo di perdere tutto ciò che si è costruito. Proprio durante questa notte, con le strade di mezza Inghilterra sbarrate per permettere ai camion con il cemento di giungere a destinazione, con i ragazzi, la moglie e le salsicce per la grigliata che l'attendono a casa per assistere alla finale di Coppa alla tv. Ivan Locke, prima di ogni altra cosa, ha il senso del dovere; magari ipertrofico, per via di un padre non proprio esemplare. E fra un'ora e mezza tutto potrebbe crollare.

LOCKE è allora un film a suspense, ma non un film complicato, nemmeno moralista, forse etico. Elementare, e proprio per questo straordinario. Una volta al volante, il protagonista non avrà più che il proprio telefono per risolvere, con una lucidità messa a dura prova da un drammatico intrigo esistenziale, il groviglio di sentimenti, contraddizioni, ma non ripensamenti che gli si presenta innanzi. A noi spettatori è riservato il riflesso di tutto ciò: restituito dal viso di un attore dalla meravigliosa introspezione, al tempo stesso fisicità come Tom Hardy. Oltre alle sole voci (ma quanto eloquenti!) dei suoi diversi interlocutori telefonici.

E' una situazione che Steven Knight - regista risolve grazie a un'identificazione espressiva perfetta con l'eccezionale concentrazione dell'attore; e con l'urgenza claustrofobica dell'ambiente, la fuga in avanti imposta dalla prospettiva autostradale alienante. Ma è lo Steven Knight - sceneggiatore che riesce a renderla memorabile: per la maestria assoluta di una scrittura (dei dialoghi, dei tempi, dell'evoluzione delle psicologie) che ha già predisposto ogni fremito espressivo sulla carta. Ha spalancato, prima ancora che nascesse, un orizzonte mentale. E' una scommessa giocata sul realismo impossibile: raccontare i minuti che riassumono tutta una vita scrutando un solo viso, orecchiando l'eco di alcune voci. Ma è una scommessa che ha le stesse probabilità di riuscita di quelle sfidate dal protagonista: riandare con lucidità alle ombre lasciate dal passato, affrontare gli imponderabili proposti dal presente.


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